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Il Percorso di uno Studente

di Matteo Bertani

“Aprirò uno studio, collaborerò con i migliori ortopedici d’Italia e farò un sacco di soldi: non hai idea di quante persone ti arrivano dopo un intervento chirurgico. Basta seguire un protocollo stabilito e sei a posto per tutta la vita. Conosco terapisti che lavorano quattro giorni alla settimana, cambiano auto ogni tre anni e si permettono viaggi stratosferici…” . Questa è una frase che durante i vari corsi da terapista che ho frequentato, mi sono sentito riferire da colleghi di varie regioni d’Italia, di varie estrazioni sociali e di varie età. Si, l’aspetto economico “uber alles”.

Ad un certo punto della mia vita, mi ritrovo a ribaltarne completamente l’aspetto lavorativo dopo che mi è stato consigliato di fare un corso da fisioterapista (con accesso “garantito”); per fare questo sarei dovuto andare a mille chilometri da casa per circa tre anni, e sinceramente non me la sono sentita. Successivamente mi viene indicato un corso professionale per massofisioterapisti e questo può assecondare alcune esigenze logistiche. Ed inizia così la mia avventura nell’ambito della riabilitazione.

È grazie questo corso che ho potuto conoscere diverse metodologie di lavoro: la massoterapia tradizionale, il linfodrenaggio, il lavoro neuro riflesso, lo shiatsu, l’ayurveda, l’osteopatia, tantissime altre terapie con le varie variazioni sui temi. Ogni personaggio e personalità che ho incontrato aveva qualcosa da insegnare ed io con la fame di sapere che mi caratterizza, assorbivo come una spugna. Sono venuto a contatto con tantissime persone, ed ognuna con il proprio modo di essere, mi ha permesso di crescere oltre ogni mia aspettativa, anche se in realtà sono ancora agli inizi.

Durante la frequentazione di questo corso della durata di tre anni, si sono create simpatie, antipatie, gruppi allargati e gruppi ristretti. Non conoscevo ancora termini come sincronicità, attrazione (non fisica ovviamente), condivisione, ma notavo come le persone che frequentavo avessero interessi diversi da quelli della stragrande maggioranza degli studenti incontrati. Anche se l’interesse maggiore andava verso terapie non convenzionali come la riflessoterapia, i mie studi sono stati indirizzati inizialmente verso un aspetto meccanicistico, frequentando corsi di back school, Bienfait, ed osteopatia pratica.

Quello che stavo notando era una diversificazione della tipologia di studenti che frequentavano i vari corsi. Avevo notato che gli interessi erano di natura meccanica, fisica e chimica in tutti quei corsi che sviluppavano la riabilitazione in ambito locale, topograficamente localizzata, che prendeva in esame la parte anatomica da trattare; la specializzazione nello studio andava dallo studio amnemonico dell’anatomia umana, arrivando a conoscere tutte le innervazione per ogni nervo motorio, azione, origine ed inserzione di ogni muscolo, agonisti ed antagonisti e quant’altro di meccanico. Ogni volta che si parlava, sembrava di giocare a battaglia navale, dove per forza se “colpito” era C3, “affondato” era ovviamente C4. Ognuno doveva dire la sua sulla compressione del tal nervo, di quel disco intervertebrale, dello stiramento e dell’elongazione, delle contrattura e del trigger point. La soluzione era sempre un’infinità di metodiche che partendo dallo sfioramento fino ad arrivare alla manipolazione, lavoravano solo sulla parte presa in esame in quanto il dottore aveva effettuato la sua diagnosi. Ed a convegni, seminari, incontri, specializzazioni, c’era sempre chi sosteneva la terapia “A” e portava migliaia di casi risolti con tale metodica, ma veniva smentito e sbugiardato da chi sosteneva la terapia “B”, e portava anch’egli migliaia di casi risolti con l’altra metodica. Tutti avevano ragione e tutti gli altri avevano torto.

Ed io mi chiedevo dove in realtà stesse la ragione, visto che “A” e “B” erano contrastanti e si sbugiardavano a vicenda, ma funzionavano davvero (almeno stando alle casistiche portate dalle due parti). Mi sentivo stretto in questa tipologia di pensiero, dove se il dolore era alla parte lombare, si doveva lavorare la parte lombare. Forse c’era dell’altro. Forse non c’era solo una diagnosi topica che richiedeva una metodologia localizzata. Ed anche a livello osteopatico, l’ambito puramente strutturale non lo sentivo mio.

Intanto i corsi continuavano e sperimentando terapie conosciute solo a livello di nomenclatura, ed anche metodiche completamente nuove ed alternative. Lentamente mi sono avvicinato alla Terapia Craniosacrale, branca dell’osteopatia. La cosa mi ha lasciato subito scettico, poi lentamente ha preso una valenza diversa. C’era qualcosa che dovevo conoscere meglio. Da qui per una serie di “coincidenze” ho intrapreso un percorso di Craniosacrale Biodinamico che mi ha aperto un mondo che sinceramente non potevo neppure immaginare, un mondo che ha influito sul mio modo di essere.

Mi sono ritrovato a frequentare persone e studenti completamente differenti da quelli conosciuti nei corsi precedenti. Qui i docenti ed i tutor erano preparati su argomenti che non credevo avrei dovuto conoscere, ma soprattutto affrontare. Qui gli studenti non cercavano solo di impratichirsi su una metodologia di lavoro terapeutico, cercavano qualcosa di diverso. Gli studenti che ho incontrato e che sto incontrando, sono bene o male differenti da tutti gli altri.

Nella terapia Craniosacrale Biodinamica, si ha a che fare fondamentalmente con un aspetto talmente banale e semplice che in tutte le altre terapie viene dato per scontato e sotteso, ma che è a mio modesto modo di vedere, la chiave di volta del benessere: la ricerca della Salute. In questa metodica quello che risulta prioritario è la ricerca di uno stato di quiete che permetta al paziente di ritrovare le risorse per ricontattare la salute. La terapia stessa non andrebbe chiamata così, bensì un percorso che il paziente affronta accompagnato dal terapista, che non fa altro che sostenere il cliente nel suo viaggio verso la salute.

Lo studente che affronta questa tipologia di preparazione, impara fondamentalmente a conoscere se stesso in un percorso formativo completo e profondo, dove conoscenze di anatomia, fisiologia, psicologia, si fondono con momenti di meditazione, lavoro sulle percezioni, sulle emozioni, per dare un ventaglio di nozioni ed esperienze completamente differenti da altri percorsi formativi. Lo studente si trova immerso in un mondo che lo porterà sempre di più verso la ricerca di se. Non esiste in questo ambito lo studente che conosce, che ha certezze: lo studente rimane attivamente in ascolto, sia delle nozioni, sia di se stesso. Non c’è più la presunzione di sapere, bensì l’umiltà di imparare ed approfondire. Questo è un aspetto fondamentalmente differente rispetto alle altre tipologie di studenti che ho conosciuto. Nell’ambito Craniosacrale Biodinamico tutti gli studenti entrano in un luogo fisico che non è solo fisico, nel quale si è protetti e sostenuti dal gruppo stesso, oltre che dai docenti e dai tutor. Lo studente che inizia e prosegue la sua formazione in Biodinamica, lo fa per una sorta di “chiamata”. Tutti sono accumunati da un senso di ricerca del sè e dal desiderio di aiutare gli altri in maniera globale.

In questo ambito la ricerca della salute va al di là della patologia manifesta, bensì si espande all’intero sistema persona che coinvolge non solo l’aspetto fisico e meccanico, bensì prende in considerazione anche l’aspetto emotivo, emozionale, sensoriale, percettivo e non solo. L’ambito di intervento della Biodinamica è totale e va al di là della “pubalgia”: non ti fa prendere la pomatina antidolorifica e anti infiammatoria, e nemmeno si chiede come mai si è manifestata la patologia; non lavoro in massoterapia sulla zona ma semplicemente cerca di aiutare il sistema del paziente a risolvere in maniera autonoma il problema stesso.

Lo studente arriva ad apprendere che la patologia può avere un’origine molto più complessa dalla banale contrattura o lombosciatalgia ed eziologia sconosciuta. Si arriva a consapevolizzarsi che le possibili cause sono di diversi aspetti e che questi molto spesso non vengono neppure presi in considerazione dalla medicina tradizionale. Il sistema è un insieme complesso di fattori diversi tra loro: una persona non è un insieme di organi e sistemi che funzionano in sinergia tra di loro. Altri aspetti vengono affrontati ed approfonditi durante i seminari dei corsi.

L’insegnamento viene diluito nei vari seminari, in quanto le informazioni sono molteplici ed ogni singolo aspetto avrebbe necessità di approfondimenti molto curati. La realtà di ogni singolo studente è particolare e spesso ci si trova di fronte a credenze e supposizioni che non hanno nulla a che vedere con il vero. Entrare nell’universo di ognuno di noi non è per niente semplice, in quanto ci sono infinite visioni di realtà e di verità; credo che questa possa essere definita come un’oggettivazione delle singole soggettività. Fare capire che tutti hanno ragione e nessuno ha torto è praticamente una mission impossible.

Spiegare che il tutto è molto di più che la somma delle sue singole parti, non è cosa così semplice, e non è immediatamente comprensibile. Si tratta semplicemente di osservare da più punti di vista tutto quanto ci si presenta davanti, rimanendo osservatori di noi stessi: “simple but not easy”, direbbe un grande Maestro che ho avuto l’onore di conoscere. L’operatore Craniosacrale Biodinamico è una persona differente dalle altre, non perché è un supereroe o il portatore sano di conoscenza e verità. È una persona che ascolta, ma non solo con l’udito. È presente, e non si pone al di sopra degli altri. È una speranza alla quale il paziente si affida e di cui si fida e per il quale si fa un gesto quasi di fede.

Dove lavora l’operatore Craniosacrale è un mondo completamente sconosciuto, o meglio, ormai dimenticato ed il metodo di lavoro si basa sull’ascolto di movimenti sottili che indicano livelli molto più profondi di quelli conosciuti in altre discipline. L’operatore Craniosacrale Biodinamico ascolta tutto il sistema del paziente e non si pone domande sul perché non ci sia la salute, e neppure giudica il paziente stesso, ma dialoga con il sistema stesso cercando di aiutarlo senza invasività a ritrovare e ricontattare la salute. Egli lavora con il cuore, con l’anima, con le percezioni, con le sensazioni, con gli stati d’animo ed anche con le mani.

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